La Marina di Cariati si forma e assume le dimensioni di un centro abitato demograficamente significativo soltanto tra fine Ottocento e primi anni del Novecento. Occorre precisare che già alcuni secoli prima, si era formato, nella zona ove ora sorge la chiesetta della Madonna delle Grazie (Fischìa), un piccolo agglomerato di case, indicato nelle stampe dell’epoca come borgo d’abasso, che è come dire l’abitato della parte bassa del paese, quella sotto la cinta muraria medievale e più vicina al mare. Molto probabilmente il “borgo d’abasso”era costituito da modeste case di pescatori, che trovarono vantaggioso andare ad abitare a poca distanza dal mare, per praticare più comodamente l’attività della pesca. In quella zona, che possiamo definire il nucleo abitativo più antico della Marina, era sorta, già sul finire del Cinquecento, un piccolo convento di frati domenicani, sostituiti nel 1646 dai Padri Cappuccini, con annessa chiesa, che è quella tuttora esistente. Da lì passava, come, del resto, ancora oggi, una strada costiera che portava verso Crotone e proseguiva, poi, per tutta la fascia ionica, in direzione di Reggio. Il piccolo convento dei Cappuccini di Cariati fungeva anche da “ospizio” per i viaggiatori che, con le diligenze, passavano e avevano bisogno di fare una sosta prima di proseguire il loro viaggio verso sud. Per alcuni secoli, quindi, dal Cinquecento al Settecento, esistette questo modesto “borgo d’abasso”, che non era ancora la Marina di Cariati, per parlare della quale bisognerà aspettare la seconda metà dell’Ottocento, allorquando dal nostro paese passerà la ferrovia statale Taranto-Reggio Calabria, il cui primo tratto realizzato fu proprio quello che da Taranto portava fino a Cariati, aperto al pubblico il 14 giugno del 1870. L’installazione dello scalo ferroviario rappresentò un forte incentivo per far crescere demograficamente la “borgata Marina”, che vide accorrere nel suo territorio, fino ad allora abitato solo da pescatori, nuovi nuclei familiari appartenenti alle persone impiegate nella struttura ferroviaria della stazione di Cariati.
L’importanza di quella che veniva chiamata “la borgata Marina” fu rilevante, però, già nella prima metà dell’Ottocento, prima, cioè, del passaggio della ferrovia. A quel tempo gli scambi commerciali e, quindi, i trasporti delle merci, avvenivano, di preferenza, via mare. In mancanza di porti (tra Taranto e Reggio, c’era soltanto il vecchio porto di Crotone), si utilizzavano gli “approdi costieri”, come Cariati (Trebisacce, Sant’Angelo di Rossano, Schiavonea di Corigliano, erano altri approdi della costa ionica cosentina). A Cariati si registrava un movimento di 100 navi in partenza e in arrivo in un anno. I bastimenti (piccole navi mercantili) si fermavano al largo della costa e venivano raggiunti dalla barche locali che imbarcavano e portavano a terra i prodotti,oppure caricavano le merci da esportare. Si trattava di piccole imbarcazioni di cabotaggio, provenienti da Reggio o da Taranto, che a Cariati compravano cretaglie artigianali (gùmmule, lincèdde, vucàli, vasi, tarzalùri, piatti…) prodotte dai nostri “vucalàri” (o cretai), che avevano le loro botteghe prima nel borgo antico, e poi anche nella zona alta della borgata Marina, nel rione Carrera. Tra fine Ottocento e inizi Novecento, sorsero nella borgata Marina, numerose attività industriali, quali fabbriche per la lavorazione delle mattonelle di cemento e derivati, per la lavorazione dei laterizi, salagioni per la conservazione del pesce, fornaci per la cottura delle terraglie, fabbriche di sapone, empori per il commercio dell’olio e l’importazione della pasta dalla costiera amalfitana, frantoi oleari, molini a cilindri. Venne, poi, dopo la prima guerra mondiale, una grossa impresa nel settore del legno, la Sila Savelli, che impiantò alla Marina, nella zona dove sorge attualmente la chiesa di Cristo Re,una teleferica che vi faceva giungere i tronchi dell’altopiano silano, alimentando le industrie boschive per la lavorazione del carbone vegetale e delle traverse. Alla fine degli anni Trenta (1937) arriverà un altro impianto industriale: il Ginestrificio, uno stabilimento per l’estrazione delle fibre tessili dalla ginestra, arbusto tipicamente mediterraneo di cui c’è abbondanza nella zona collinare di Cariati e del suo circondario (Terravecchia, Scala Coeli, San Morello, ecc..), che sarà attivo fino al 1943 ed arrivò ad occupare fino a 140 addetti.